27 mag 2011

LA GONNA DI RASO ROSSO.

La fanciulla osservo’ ancora una volta il lago, grigio come il cielo.All’intorno nessun fremito, il silenzio aleggiava mentre quel corteo di nubi color cenere, parevano in attesa, come uno sposo in attesa all’altare dell'amata, in preda all’agitazione. Fu’ cosi’, che quel temporale, tra lampi improvvisi ,segno’ il ricordo di un giorno di vacanza, quella fantastica sensazione d’essere tutt’uno con la natura che si ribella all’improvviso, sotto un mare di pioggia, felice, in comunione con vento, acqua, terra.La gonna di raso rossa, fluente davanti allo specchio, allacciata sul fianco, tradiva i suoi sedici anni, lasciando intravedere la coscia soda in quel giro di ruota veloce…”mi vedrà, son certa!..allora penserà: pero’ non è una bimba!".Tutto scorreva veloce nella sua mente, ogni parola, ogni movimento, ogni sorriso e battuta.Era tutto accuratamente previsto, quell’incontro coronato da un bacio timido. Gli zoccoletti, anch’essi rossi, che mamma aveva adulato con quel “graziosi, troppo tacco pero’, non sei abituata, ti farai male”, coronavano il tutto con grazia e buon gusto, il trucco appena accennato da un fard chiaro e quelle ciglia, appena accarezzate dal rimmel marrone, parevano foglie di palme al vento che si specchiano spavalde in quel mare d’occhi azzurro tropicale, intensi e magnetici. Il viale, lungo lago, l’attendeva. Come il cicaleggio di un’amica, il ticchettio leggero sull’asfalto dei tacchi, era una gradevole compagnia, fino a quando un secco track, spense la magia..il tacco cedette e come un piccolo terremoto, lascio’ il segno, squarciando il due il legno. Lacrime contenute e risa isteriche attraversarono il volto giovane, mentre un airone giro’ il capo, pareva scrollasse l’ala e dicesse “te l’avevo detto..sui tacchi alti non si cammina, si deve volare”.

Si deve volare..si ripeté, scrollo’ i capelli chiari, liberando il volto prigioniero dalle ciocche, infilo’ le scarpe stizzita nella borsa di jeans.La pioggia salì, dapprima calda, leggera,poi di colpo, in un solo istante interminabile, pareva un fiume in piena, i piedi scalzi coperti da onde improvvise, la gonna rossa di raso leggero, appariva come un ombrello sgualcito, pesante…Quella ragazzina da donna sbocciata e sicura, era ora, una figurina fragile e minuta, tremendamente bella come un papavero bagnato, diretta verso una meta ormai scomparsa nei vicoli di una piazzetta abbandonata perfino dai gatti affamati.Non vi era tristezza nell’aria,dopo la pioggia arriva sempre il sereno, dopo un dolore arriva la pace, mai dimenticherà quell' arcobaleno, i colori della libertà assaporati dalla bimba/donna che amava il rosso, il colore dell’amore..



27/05/2011 -Dedicata ad un’amica. di Carmen S.

18 mag 2011

LA CORSA...CONTRO IL TEMPO (I MIEI RICORDI)


Era in anticipo, come sempre del resto..colpa o merito di quella volta…Carmen ricordava molto bene il suo primo amore..la corsa. Nella scuola elementare era una vera star, correva come il vento, sempre prima, il “maestro” allora i bimbi lo chiamavano semplicemente così, ma in effetti era un preparatore atletico, designato a quell’unico ruolo, scegliere gli alunni con doti e predisposizioni sportive, chi per la pallacanestro, chi per la corsa, e chi per il salto in alto. Era forte, la volontà di non perdere neppure un giorno di scuola, per quello scricciolo con il  caschetto a padella, così come era forte la soddisfazione di battere Matteo,in velocità, piu’ alto di lei di una spanna, dagli occhietti chiari e le lentiggini , un vero tutt’uno rosso, sia quando sudava boccheggiando a fine corsa e sia quando a bocca semiaperta faceva penzolare quella orribile linguaccia in direzione delle bimbe che con aria schifata lo guardavano come fosse uno scarafaggio. In fondo Carmen lo apprezzava per l’insistenza e l’impegno, con cui la sfidava, in palio le figurine Panini e qualche numero di Tex Willer. “Ragazzi..forza..riscaldamento…Carmen ma come ti sei vestita con i pantaloni alla zuava?!..ma non si puo’..e tu Matteo..non bere in continuazione, non va bene!!” il maestro era un grande! Ci voleva davvero bene, era paziente e tollerante; non si poteva deluderlo alle gare. Tutto era predisposto, gli incontri con le altre scuole della provincia. Alle semifinali  quell’anno, erano stati i primi, era tutto pronto, la dottoressa della scuola,un donnone austero, con gli occhiali e con i modi rustici, si occupava di organizzare le gare..” Ragazzi le magliette e i pantaloncini sono arrivati..passate in infermeria a ritirarli nell’intervallo…cosa?!..taglie uniche, grassi o magri..ci dovete entrare!” ..Carmen strinse gli occhietti divertita, immaginandosi con una cintura stretta o forse un elastico di fortuna per reggere il pantaloncino sicuramente enorme per lei, alla mamma non poteva certo chiedere una sistemazione con ago e filo, non la vedeva mai, lavorava sempre! Non voleva certo creare tensioni inutili ne voleva sentirsi dire quel famoso: “e tu non vai!” Certo, la corsa nulla aveva a che vedere con italiano o matematica..non sarebbero mai andati comunque a vederla correre.Le medaglie che aveva vinto, giacevano nel cassetto sotto il televisore in bianco/nero, in mezzo a tante cianfrusaglie e qualche foto del Brasile, con la mamma e il papà a cavallo..”Forse è giusto che stiano lì insieme ai ricordi” In quella casa, tutto andava al contrario, e tutto veniva messo sempre in discussione,come al montaggio dei letti a castello, si discuteva a chi spettava il diritto di dormire in alto, tre ragazzine urlanti, pronte ai litigi piu’ aspri e agli scontri che finivano tra pianti fitti di Elisa, la secondogenita, la piu’ rompiballe. Sul piccolo diario di Carmen, quella pagina, quante volte era stata aperta, quante volte annotato il giorno..un giorno di fine Maggio..ricorda bene, un sabato..una data


sabato c.m….Ma il dramma si stava consumando,sulle parole scritte, quel c.m  che diavolo era?!..Troppo tardi, il particolare sconosciuto a Carmen a cui nessuno aveva dato peso e consistenza, il giorno della finale…era ogggggggiiiiii…”sono ancora in tempo, sono le 9.00..se corro a scuola ce la faccio”…”Sono appena andati via con il pulmino” il bidello sconsolato, allargo’ le braccia e quelle mani poi cadenti, parvero a Carmen, enormi..come schiaffi brucianti. La delusione, la rabbia, gli occhi pieni di lacrime, la sensazione di nausea, la disperazione contenuta dentro..”Devi entrare in classe, non posso farti andare via prima delle 12.30..vieni..andrai nella 1° A a far la balia ai piu’ piccoli.” Al danno pure la beffa, penso’ Carmen” Ho perso la mia corsa, sono arrivata tardi, senza di me chissà se vinceranno”..


I cento metri andati..la mia gara era stata persa..che soddisfazione misera!..Il maestro mi tiro’ scherzosamente una ciocca di capelli..la cosa buffa che avevo, dalla fretta di arrivare a scuola, dimenticato la mia divisa,almeno le prese in giro di Matteo, erano state risparmiate, ma non certo gli incubi degli anni a venire, la paura di arrivare sempre in ritardo, di perdere qualcosa, o di dimenticare..il corrente mese, lo detesto per principio, ma agli appuntamenti non manco mai di arrivare sempre prima. E’come andare indietro nel tempo, con il battito veloce del cuore, varcare il traguardo tra gli applausi, ho vinto la mia corsa, ho imparato che il tempo vola e non torna mai piu’.





Carmen Santoro


(C.3parte 2 –Ricordi)


Gennaio 2011

Gennaio 2011
inarrestabile scorrerà l'anno